Sindrome dell'intestino irritabile

La sindrome dell’intestino irritabile (SII o IBS dall’inglese irritable bowel syndrome), definita come un disordine della funzione intestinale, è caratterizzata da dolore addominale in relazione a cambiamenti dell'alvo (stitico o diarroico) con segnali di alterata defecazione e meteorismo, associato a gonfiore addominale, e in assenza di eventuali altre patologie con un quadro sintomatologico simile, che devono essere indagate da specialisti gastroenterologi. Come si può immaginare, ha un forte impatto sulla qualità della vita di chi ne è affetto. L’incidenza della SII in Italia è del 10,7% nelle donne e del 5,4% negli uomini, con un rapporto donne:uomini di 2:1; ha inoltre una prevalenza maggiore in età giovanile-adulta (20- 50 anni) e nei paesi occidentali.

Le cause sono ancora poco conosciute, data la sua origine multifattoriale, tuttavia hanno un ruolo fondamentale: l’ereditarietà, la modificazione della flora batterica intestinale in seguito all’assunzione di antibiotici o gastroenteriti, ma anche fondamentali sono le condizioni ambientali legati a stili di vita frenetici e stressanti, a stati di ansia, o all’alimentazione sregolata e fugace, ricca di grassi e carboidrati ma povera di fibre.

La diagnosi, condotta da medici specializzati in gastroenterologia, prende in considerazione i criteri di Roma III e la scala di Bristol, per tipizzare le varianti cliniche della SII esclusivamente sulla base della consistenza delle feci e della sintomatologia.  

Il trattamento richiede un approccio multidisciplinare: la dieta, che ha un ruolo decisivo, insieme ad una corretta gestione dello stress ed all’attività fisica moderata.

Diverse evidenze scientifiche dimostrano che una dieta personalizzata in base al quadro sintomatologico ed alle esigenze nutrizionali del paziente, possa contribuire in modo decisivo al decorso della patologia. In particolare una dieta a base di cibi facilmente digeribili, chiamata dieta a basso contenuto di FODMAP, è spesso la soluzione più adatta.

MA… cosa sono i FODMAPs?

FODMAP è l’acronimo di “Fermentabili Oligo-, Di- e Mono-saccaridi e Polioli”, cioè in altri termini, sono zuccheri che non vengono digeriti o assorbiti bene, e sono metabolizzati dai batteri intestinali producendo gas in eccesso, che porta a dolore addominale, diarrea e/o stitichezza. I quattro principali gruppi di zuccheri coinvolti in questi processi di fermentazione sono:

  • Oligosaccaridi: come i Fruttani e i GOS (galattooligosaccaridi), contenuti in alimenti come grano, segale, cipolle, aglio e legumi.

  • Disaccaridi: come il Lattosio, presente in prodotti lattiero-caseari come latte, formaggi a pasta molle e yogurt.

  • Monosaccaridi: come il Fruttosio, che si trova nel miele, nelle mele e negli sciroppi di mais (molto usato nell’industria alimentare).

  • Polioli: come il Sorbitolo e il Mannitolo, presenti in alcuni tipi di frutta e verdura ed usati come dolcificanti artificiali.

Il protocollo FODMAPs, prevede tre fasi: una fase di eliminazione, che dura 6-8 settimane, in cui vengono totalmente eliminati i cibi ricchi degli zuccheri sopracitati; una successiva fase di reintroduzione, in cui progressivamente sono reintrodotte le varie classi di alimenti, fino a capire quali e in quale quantità sono implicati nel disturbo descritto. L’ultima fase prevede la strutturazione di una dieta personalizzata in modo da evitare i cibi che maggiormente creano dei disturbi, ma al tempo stesso avere una corretta integrazione. Essendo un protocollo medico, deve essere evitato il “fai da te”, ma rivolgersi al gastroenterologo per la diagnosi ed a specialisti in nutrizione per la prescrizione di una corretta dieta ed integrazione, al fine di evitare delle carenze nutrizionali.

Importante, inoltre, è la gestione dello stress, che impatta su l'esacerbazione dei sintomi e sulla qualità della vita. Anche in questo caso è fondamentale affidarsi a degli esperti per imparare a controllare e gestire gli stati di ansia e di stress, a cui una vita frenetica ci sottopone.

Infine, non meno importante è l’attività fisica, che ha un effetto positivo sul quadro sintomatologico: qualsiasi attività sportiva può aiutare a migliorare i sintomi o prevenire eventuali ricadute, tuttavia l’eccessivo sforzo fisico causa stress cronico in grado di peggiorare la salute intestinale. Risulta dunque fondamentale affidarsi a degli esperti nel settore.

Bibliografia

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